LA "DOMINA NOSTRA" NELLE CHIESE DELL'ORDINE (secolo XIII)
Le quattro opere che sono giunte fino a noi dal primo cinquantennio di vita dell'Ordine ci parlano della Verginità e Maternità di Maria : un’Annunziata a Firenze, una Madre col Bimbo in braccio a Siena, a Orvieto, a Bologna. di Firenze. D’autore ignoto è l’affresco di Firenze, Coppo di Marcovaldo è l’artista per Siena e Orvieto, Cimabue per Bologna.
1) L’Annunziata. È nota la leggenda: un non meglio identificato pittore di nome Bartolommeo, che aveva ricevuto dai frati l'incarico di affrescare la scena dell'Annunciazione su una parete della chiesa, si arresta tremante e incapace quando giunge a tratteggiare il volto della Vergine. Allo sgomento segue un torpore insolito durante il quale una mano angelica termina il dipinto.
Da questo primo miracolo. la chiesa di Cafaggio fuori delle mura di Firenze diventa mèta di pellegrinaggi e le grazie della Madonna diffondono la fama di Questo affresco per l’Italia e nel mondo. Fin qui la tradizione.
Nei secoli in cui si guardò all'arte sparsa nelle chiese con intenti non esclusivamente religiosi, l’immagine taumaturgica dell’Annunziata di Firenze non poteva sfuggire all’attenzione degli artisti e degli studiosi. Nacque un disparere di giudizi che si protrassero sino ai nostri giorni. Il Varchi, il Vasari, il del Migliore, il Richa, il Lami, il Rosini, il Milanesi, il Guasti hanno tutti una propria opinione a proposito, e il primo dato della tradizione che viene praticamente rigettato è la data del 1252; si cerca poi di dare un nome all’ignoto autore. E si parlerà di Cimabue, del Cavallini, di Giotto, del Gaddi fino all'Angelico. Per alcuni, insomma, l’affresco è senz’altro opera del sec. XIV, per altri, del sec. XIV sono i rifacimenti o i restauri.
Anche in seno all'Ordine si parteciperà alla polemica. II p. Prospero Bernardi nel 1679, con la sua Apologia prenderà Ie difese della tradizione, ed altrettanto farà. con una ricchissima documentazione nel 1909 il P. Pellegrino Soulier (v. Monumenta Ordinis, tomo X).
Noi ci limitiamo a far notare che i documenti del sec. XIII, oggi meglio conosciuti, ci assicurano che la maggiore festività mariana a Cafaggio in quel tempo era la Santa Maria di marzo, e non la Natività (8 settembre) come generalmente veniva affermato fino ad ora. Un registro d'entrata e uscita del 1286-89 [Archivio dell'Ordine – Roma), così ci descrive nelle linee essenziali la festa del 25 mano: si manda in città il banditore pubblico ad annunciare l'avvenimento; interviene il vescovo e dice la messa e predica ai fedeli. e la folla dei devoti è attestata dalle entrate cospicue in denaro e in cera. Per avere un'idea di tali entrate. basterà dire che nel 1287 la loro somma equivale al salario di 216 giornate lavorative di un manovale.
Non si può pensare che tanta affluenza di popolo e la presenza della massima autorità religiosa di Firenze a Santa Maria di Cafaggio per l'Annunziata, dipendesse dal semplice motivo della devozione dei fiorentini al mistero dell'Annunciazione. Non mancavano certo chiese in città, e molto più antiche di Cafaggio, dove poter celebrare la festa liturgica e quella civile dell'inizio dell’anno. E' quindi molto probabile che la causa di tanto afflusso fosse la presenza dell’immagine venerata che rappresentasse appunto l'annunzio dell'angelo alla vergine di Nazareth. E siccome tanta devozione non poteva esser nata improvvisamente nel 1287, vediamo come la tradizione. che data l’affresco al 1252. Non è certo molto lontana dal vero. Il fatto poi che il termine “Annunziata” non lo troviamo, nei nostri documenti, altro che dopo la metà del sec. XIV ci dice semplicemente che, come la chiesa sarà chiamata Santa Maria di Cafaggio fino al sec. XV. così l'immagine miracolosa sarà a lungo per i fiorentini la Madonna Santa Maria Madre di Grazie, come si legge anche a piè dell'affresco.
Se questi argomenti ci provano la validità della data della tradizione, il seguente fatto ci spinge a consentire, in parte, con quanti affermavano che l'affresco era stato ritoccato attraverso i secoli.
Dopo la seconda guerra mondiale il convento, prima di rimettere nella cappella della Madonna gli ex-voto, le lampade ecc.,fece ripulire leggermente l’immagine. Nessuno si aspettava che sono la tenue azione dell’acqua e della mollica dì pane, la capigliatura della Vergine da nera diventasse bionda, il volto olivastro acquistasse una trasparenza perlacea, elementi decorativi prima invisibili o addirittura corretti, ritrovassero il loro disegno e colore originale. E, si badi bene, che la patina nera non aveva nulla a che fare con la polvere o il fumo delle candele.
Quindi, i documenti, la tradizione, i gusti e la mentalità dei nostri antenati ci portano a concludere: non esistono ancora argomenti decisivi per distruggere la data tradizionale; l'ultima recente ripulitura ci ha dimostrato che nei secoli passati non si aveva troppo scrupolo a intervenire con pennello e colori anche su immagini famose e venerate come l'Annunziata di Firenze.
2) La Madonna del Bordone, nella chiesa dei Servi di Siena.
Quest'opera è datata al 1261 e firmata da Coppo di Marcovaldo fiorentino. Poche sono le opere che ci rimangono di questo autore, e quasi nulla sappiamo della sua vita. Nel 1260 era a Firenze e prese parte alla battaglia di Monteperti dove rimase prigioniero dei senesi. Si pensa che abbia dipinto la Madonna dei Servi per riscattarsi di prigionia. In questa pittura l'autore segue un modulo orientale, ma si avverte già uno sforzo di emancipazione dal bizantinismo. Purtroppo, certe dolcezze e sfumature nel volto della Madonna e nelle membra del Bambino, rivelano la presenza di una mano posteriore appartenente alla scuola di Duccio di Boninsegna, e quindi ci nascondono una parte importante dell’opera del maestro.
Ci piace a questo punto riportare la descrizione del sigillo ufficiale dell'Ordine conservataci in alto notarile di Città di Castello. in data 1255 (MOS. t. XVI, p. 211): in esso è impressa “l'immagine della Beata Vergine Maria con il Figlio in braccio”. Si può quindi ritenere che il tipo iconografico della “Madre con il Figlio in braccio” sia la “Madonna” venerata nelle chiese dei Servi di Maria per il sec. XIII.
3) Madonna col Bambino, nella chiesa dei Servi ad Orvieto.
Coppo di Marcovaldo deve averla dipinta tra il 1265 e il 1270. In essa notiamo che l'autore accentua sempre più quel modellato e quell'ideale di umanità che ritroveremo maturo in Cimabue. Nel 1733 l’immagine era stata fatta diventare la “Vergine dei Sette dolori” aggiungendole sul seno il simbolo d'un cuore trafitto dalle sette spade.
4) Madonna col Bambino, nella chiesa dei Servi di Bologna.
Molte sono le parti autografe di Cimabue († 1302), anche se è presente in modo rilevante l'opera di aiuti della sua bottega. Essa è databile all’ultimo periodo del grande maestro.
Il secolo XIV non ci ha lasciato che queste quattro Madonne delle nostre chiese, ma il periodo è talmente importante per la storia dell'Ordine e per la storia dell'arte italiana, che non c'è bisogno di retorica o funambolismo per giungere alla conclusione d'una ben precisa e marcata finalità mariana dei primi Servi di Maria.
Eugenio M. Casalini, osm
L’Addolorata, maggio 1960 – 3 novembre 2015
|